AMBO VINCENTE SULLA RUOTA DI ROCCARASO
Domenica 24 febbraio dell’anno domini più avaro di neve registrato da memoria umana, chi si fosse seduto su uno degli sgabelli del rifugio Valle Verde sarebbe rimasto spaesato.
Dalla sfinestratura che guarda la seggiovia e la pista di sinistra, tra sogno e realtà, svettavano le Toppe del Tesoro totalmente ammantate di bianco contro un cielo, che, stemperatasi la velatura del primo mattino, si esibiva in completo blue.
La montagna, anche quella appenninica, riserva spettacoli emozionanti anche per i cuori più aspri. Ciò spiega il successo dello sci in tutte le sue diverse declinazioni.
La vista, se lo spettatore avesse lasciata la propria fantasia libera di involarsi, spaziava su un ghiacciaio alpino nel mese di giugno. È vero che non c’era ombra di tracciati, ma sciatori di alto livello e di tutte le età erano intenti ad orbitare tutti sulle due uniche piste, per nulla difficili, ma ideali per tentare di scrostarsi di dosso le imperfezioni che sono la dannazione degli allenatori. Bastoncini infilati dietro le spelle, bastoncini portati a candelabri, mano su un’anca braccio opposto proteso in avanti, bastoncini fatti roteare intorno al corpo in un verso e nell’altro, dalla diagonale saltino su un solo sci caricato a taglio, il corpo proiettato verso l’esterno in contrapposizione a caviglia e ginocchia sbattute verso monte. Sembrava un circo equestre.
Ma la neve chi l’aveva fatta? L’ inverno astronomico è già in fase declinante, ma quello metereologico ancora non s’e’ visto. Eppure la neve, e che neve, in pochi posti, ma in quelli giusti c’è. Stamattina con soli meno tre, i cannoni, perfino a base Pizzalto, per non dire addirittura a Coppo dell’Orso, sparavano a tutta forza, sembravano le 17.000 bocche da fuoco dell’Armata Rossa puntate sulle alture Seelow, tranne che, invece di vomitare acciaio rovente, sputavano milioni di cristalli di ghiaccio.
Grazie a questa scommessa azzardata con intelligenza programmatica si arriverà a sciare fino si primi di marzo, poi chissà, il mese folle per le sue intemperanze può riservarci qualunque sorpresa. La storia racconta la tragica morte, nel marzo 1528, di 300 cavalieri assoldati da Venezia per combattere le truppe di Carlo V, avvenuta per assideramento sotto una tempesta di neve sull’Altopiano delle Cinque Miglia. Noi non ci aspettiamo niente di simile, ma una bella nevicata riparatrice ci potrebbe pure stare.