Magico Abruzzo, terra di pastori erranti, di merlettai ed orafi venuti dalla Brianza ad ingentilire i gusti e gli stili di vita dei locali allevatori di ovini, arricchitisi commerciando con la Curia romana le calorifiche lane prodotte in cicliche transumanze. Abruzzo, secoli fa, patria di basiliche in romanico rigoroso, rifugi di preghiera, unica speranza, unica difesa dalle razzie degli eserciti imperiali che discendevano la penisola lungo la via degli Abruzzi. Magico Abruzzo, nel mezzo di un rigido gennaio, ammantato di neve dalle cime fin giù negli alti piani. Il tempo per godersi la magia, pero', scarseggia, perché in realtà la gara comincia molto prima del fatidico orario di partenza del primo apri-pista; si sa la vestizione è lunga, i più disciplinati hanno pure l'abbondante quarto d'ora da dedicare alla reazione fisica, poi c'è la colazione, mentre per i più age' c'è da combattere l'ansia dell'anziano, che coarta ad anticipare sempre più i tempi.
Io, per esempio, anche oggi, 13 gennaio, sono uscito notte tempo, benché l'albergo che mi ospitava dista pochissimo dal piazzale della telecabina. Ma, si sa, avere a che fare col parcometro, fa perdere tempo e pazienza: cerca le monetine, torna in macchina ad inforcare gli occhiali per leggere le istruzioni in caratteri così minuti che sembrano in cirillico, ritorna per la terza volta alla macchina per memorizzare i primi tre numeri della targa e digitarli sulla tastiera del parcometro, insomma che palle, è già passata una vita e devi ancora parcheggiare, ti devi ancora infilare al gelo gli scarponi, devi andare in non sai quale bar a ritirare pettorali e ski pass.